Creare l’illusione di Marte
Considerata l’enorme mole di effetti speciali da realizzare, non stupisce la scelta della produzione di The Martian di affidarsi a 2 colossi come MPC e Framestore (quest’ultima già vincitrice nel 2014 dell’Oscar Best Visual Effects per il film Gravity).
Gran parte del lavoro ha riguardato la definizione dell’ambiente spaziale e delle desolate ed inospitali terre "marziane", dove l’opera di Compositing e Post Produzione hanno rappresentato il punto focale della pipeline di lavoro. Framestore si è occupata della realizzazione di 338 shot, avvalendosi della continua collaborazione della NASA al fine di ottenere utili dettagli per la definizione plausibile dei modelli 3D e dell’ambiente spaziale.
Le parole di Chris Lawrence, VFX Supervisor, ci ricordano una volta in più l’approccio puramente scientifico e poco "fantastico" della produzione: "Tutto ciò che abbiamo creato prende spunto dalla realtà. È un film sci-fi, ma allo stesso tempo realistico e il design segue questa filosofia. Non è mai esagerato in modo evidente e sono pochi gli elementi inventati completamente da zero".
Il modello 3D più impegnativo per Framestore è stato quello della nave spaziale Hermes, con la sua struttura completamente modulare ed una lunghezza di circa 225 metri.
Lo scopo era però quello di realizzare qualcosa di realistico e plausibile, e in questo caso la sfida è stata davvero difficile. Ampio utilizzo è stato fatto della tecnica di Green Screen, grazie alla quale il team ha potuto inserire sfondi in CG e Matte Painting utili a supportare il flusso narrativo e a creare quella sospensione della realtà di cui il cinema si nutre; la realizzazione di questi ambienti bilancia in qualche modo l’approccio realistico e scientifico della produzione, ricreando quella percezione emotiva che lo spettatore, anche solo inconsciamente, si aspetta di ricevere da un’opera cinematografica.
L’assenza di tale scambio emotivo rischia di tradursi in un effetto da "documentario scientifico", apprezzabile in molti contesti ma decisamente poco consono a quello del cinema. In tal senso molti giochi stilistici sono stati sfruttati in fase di illuminazione, Post Produzione e Compositing delle sequenze, con l’aggiunta di effetti luminosi tramite il software proprietario realizzato dal Compositor Nico Coronado Rivero; tali effetti avevano poco riscontro nella realtà fisica, ma regalavano agli shot un aspetto visivo molto più ricco ed accattivante.